Dopo il Piano City di Milano, Guido Coraddu porterà il suo Miele Amaro anche al Piano City di Pordenone. Appuntamento nella città friulana al Palazzo Policreti il 22 giugno alle 21.00. Un progetto, quello di Miele Amaro, che in due anni di concerti è cresciuto: “I suoni di questo album – ci racconta il suo autore – sono inevitabilmente maturati attraverso le perfomance e gli incontri con il pubblico, com’è inevitabile in una musica che, in gran parte, viene improvvisata sera dopo sera”.
Miele Amaro è un viaggio lungo le pieghe multiformi di almeno tre generazioni di autori sardi di musica jazz, trascritti per pianoforte solo, strumento chiamato ad impersonare i più svariati ensemble, strumenti e stili musicali. Da Paolo Fresu a Gavino Murgia, da Marino de Rosas ad Enzo Favata, da Marcello Melis ad Antonello Salis, da Bebo Ferra a Silvia Corda, Riccardo Lay, Paolo Angeli; attraversando autori del presente e del passato Guido Coraddu racconta una Sardegna senza confini che ha saputo immaginare un linguaggio che intreccia l’identità culturale con il mondo contemporaneo compiendo il miracolo – piuttosto raro – di saper coniugare il sentimento di appartenenza con l’universalità.
Il percorso di Miele Amaro è centrato sulle musiche dei più noti autori sardi di musica jazz: getta un faro sul lavoro di autori molto diversi per età e per formazione, abbracciando quarant’anni di musica e almeno tre generazioni. Tralasciando l’intimo rapporto che ogni musicista ha con il proprio strumento (in alcuni casi un unicum, come per Paolo Angeli e la sua chitarra preparata), sceglie di raccontare questa musica e i suoi autori attraverso la tastiera, tanto classica quanto eterna e contemporanea, del pianoforte. Una trascrizione che si mantiene in equilibrio tra la rilettura jazzistica – che si appropria dei brani e li personalizza trasformandone a volte armonie e forme – ed il riferimento alla concezione originale delle composizioni. Il titolo, Miele Amaro, nasce dalla suggestione di una fondamentale antologia di poesia e prosa della Sardegna, pubblicata da Salvatore Cambosu nel 1954: lettura imprescindibile per chi voglia approcciarsi alla cultura isolana.
Il jazz Italiano conosce in questi anni un momento di grande vivacità: mai era capitato in passato che l’Italia contasse tanti artisti tra i grandi maestri del jazz internazionale. In questo panorama un ruolo particolare lo riveste la Sardegna, una delle regioni meno popolose del paese, ma terra natale di numerosi artisti che, dalla loro appartenenza alla cultura isolana, hanno tratto linfa per espressioni musicali originali, a volte di grandissimo successo.
In questo confuso nuovo millennio il jazz ha smesso di essere genere musicale per diventare un linguaggio della contemporaneità, una semantica che permette ad artisti di ogni provenienza di ritagliarsi la propria identità nella ibridazione tra un patrimonio acquisito di linguaggi musicali e le peculiarità della propria appartenenza culturale. Questo processo ha dato vita a infinite declinazioni del jazz: caraibico, scandinavo, flamenco, arabo… e forse anche la Sardegna ha una suo specifico jazz, rintracciabile nel lavoro di tanti musicisti che si sono ispirati alle musiche ancestrali dell’isola, ma anche ai suoi abitanti, paesaggi, sapori ed aromi, per tracciare nuove strade.
A supporto del progetto la potente ispirazione di Costantino Nivola, l’artista di Orani che ha costruito un linguaggio in cui i segni dell’età contemporanea hanno dialogato con quelli arcaici della Sardegna, facendone un protagonista della grande ricerca visuale del dopoguerra. Un dialogo fra epoche e suggestioni ed un’ibridazione artistica che sono elementi d’ispirazione anche di Miele amaro. Le riproduzioni delle opere di Nivola sono state concesse dalla Fondazione Nivola e dal fotografo Marco Anelli.